Buongiorno a tutti cari lettori, oggi parlerò del fenomeno della perdità plasmidica, un articolo scritto di mio pugno :) a voi.
Quando una cellula implementa nel proprio citoplasma un plasmide non è detto che poi questa lo
tenga fino alla fine della sua vita, può succede che il plasmide introdotto
nella cellula per via delle condizioni ottimali di coltura non necessita
dell’espressione dei suoi geni e quindi risulta
poco utile alla cellula, ma è comunque una bella spesa a livello energetica,
quindi la cellula lo eliminerà esocitandolo all’esterno.
Un buon plasmide
Un buon plasmide è
tale non per i geni che porta al suo interno o meglio non solo per quello ma
anche per altre caratteristiche che deve
avere
1 deve essere di piccole dimensioni massimo 200kb in modo
che la struttura entrante nella cellula non sia esageratamente enorme
2 deve avere un origine di replicazione in modo da
tramandare alle cellule figlie il plasmide, altrimenti questo si perderebbe
dopo la prima generazione della cellula trasformata
3 deve avere dei siti marcatori che ci permettono di
distinguerle dalle cellule trasformate da quelle in cui il plasmide non è
entrato, questa caratteristica è molto importante per isolare le cellule trasformate
4 nel plasmide c’e la presenza di siti marcatori che non
devono essere però coincidenti con i geni codificanti per proteine utili.
Come trasferiamo un plasmide dentro la cellula?
Un plasmide non può entrare spontaneamente all’interno della
cellula, a meno che questa non sia competente, batteri come il subtilis sono
competenti e fanno entrare plasmidi di piccole dimensioni senza trattamenti
particolari.
Nel caso del lievito o coli è necessario renderlo competente
per permettere al plasmide di entrare, questa competenza è determinata dall’uso
di determinate procedure che vanno dal trattamento fisico a quello chimico
Quello chimico è quello più usato e prevede l’uso di cationi
bivalenti come magnesio e calcio sotto forma di Sali con cloruri, oltre a
questi due componenti usiamo anche il PEG polietilenglicole.
Poi grazie ad uno schok termico creiamo dei pori sulla
membrana plasmatica ( il PEG aumenta la pressione osmotica e aiuta la
formazione dei pori)
Il plasmide non entra poi facilmente in questi pori, può
succedere che entri per caso ma può essere che il plasmide vaghi nella
soluzione senza entrare in alcuna cellula, per questo dobbiamo aggiungere alla
soluzione un dna carrier che veicolerà
il plasmide nella cellula.
Adesso quindi sappiamo come il plasmide entra e perché dovrebbe
uscire dalla cellula, un modo per calcolare quanto plasmide entra nella cellula
è quello di sfruttare il sito di marcatore selettivo del plasmide, in che
consiste esattamente? Mettiamo che la cellula di coli che abbiamo trasformato
non sia capace di resistere alla ampicillina, ma il plasmide inserito da una
resistenza al coli proprio alla ampicillina, per isolare solo quelle colonie
trasformate dal plasmide semplicemente piastriamo le cellule su una piastra
contenente ampicillina in modo che tutte le cellule che non hanno il plasmide
moriranno per effetto del farmaco.
Con questa procedura possiamo calcolare l’efficienza della
trasformazione
Efficianza = (numero colonie resistenti)/ (ug di dna)
Un'altra caratteristica cellulare che possiamo calcolare è
la percentuale di plasmide che la cellula perde ( si ricorda però che questa
percentuale è rilevante unicamente per un tipo di cellula e per le condizioni
di coltura, uno stesso ceppo coltivato in due terreni diversi non è detto che
abbia la stessa percentuale di perdita plasmidica)
Per calcolare la perdita plasmi dica si esegue un
esperimento molto semplice, prendiamo l’esempio del coli fatto prima,
piastriamo su terreno completo il nostro coli, un terreno utile per la crescita
delle cellule trasformate e per quelle che non hanno il plasmide, lasciamo
crescere per qualche notte fino alla piena formazione delle colonie, quando la
piastra è pronta la cloniamo su una piastra LD contenente ampicillina, qua le
colonie che non sono cresciute sono quelle che hanno perso il plasmide.
Quindi all’atto pratico per il calcolo ci serve la vitalità
, che la calcoliamo con un'altra piastra, in pratica noi sappiamo che
piastriamo X cellule e che quindi dovrebbero svilupparsi Y colonie uguali a
Y<=X quindi facendo (Y/X)*100 otteniamo la vitalità del nostro ceppo.
Dopo di che ci servono il numero di colonie sviluppate sul
terreno completo e quello delle colonie cresciute sul terreno selettivo con
ampicillina cosi calcoliamo la perdita plasmi dica %
A=numero di colonie sul terreno completo
B=numero di colonie sul terreno selettivo
Perdita plasmidica= ((A-B)/A)*100
In tal modo troviamo la percentuale delle cellule di coli
che hanno perso il plasmide e che quindi non riescono a crescere su terreno
selettivo.
Lo stesso esperimento possiamo farlo con il lievito mutato in ADE2, ADE3, e URA3
I geni per codificare l’adenina sono due, uno codifica per
un enzima che forma un intermedio rosso partendo dal precursore l’altro per
l’adenina partendo dall’intermedio.
Questa cellula può essere utile per il nostro fine perché
introducendo un plasmide ADE2 e URA3 le
mutazioni si compensano cosi le cellule con il plasmide dopo la trasformazione danno origine a colonie rosse, per via
dell’intermedio rosso della via
biosintetica dell’adenina, e possiamo separarli dalla cellule non trasformate
per via del marcatore selettivo URA3.
Questo esperimento possiamo farlo per avere un idea visiva
della perdita plasmi dica, se la colonia è bianca vuol dire che li non c’e il
plasmide se è rossa invece il plasmide
c’e.
Per avere un idea quantitativa si svolge lo stesso tipo di
esperimento che abbiamo usato per il coli.
TEST DI PERDITA PLASMIDICA
Reviewed by Stefano
on
21:31
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